Quest’anno gli alberi di ulivo mi hanno donato settecento chilogrammi di olive. Il mio piccolo appezzamento di terra si trova a Ficarazzi, piccolo paese alle porte di Palermo. Si trova a poche centinaia di metri dal mare. In quasi seicento metri quadrati ci sono 14 alberi di ulivo e sono in compagnia di altre alberelli di rapparina e piridda. Sotto di loro ci sono, invece, migliaia di piante grasse di tantissime razze.
Abbiamo cominciato la raccolta il sabato e abbiamo finito la domenica alle 17. Due giorni di raccolta intensa con tutta la famiglia. Stendere le reti verdi sotto gli alberi cercando di non far danno e cominciare con le manine la raccolta. Le cassette si andavano riempiendo velocemente.
Poteva mancare il pranzo della domenica con pasta a forno e carne arrostita direttamente in campagna? certamente no. Non si può neanche immaginare di raccogliere le olive in una calda giornata autunnale che ricordava di più la primavera senza accendere il “luce”.
Se guardavi il sole ti bruciavi. Un caldo sole siciliano ti bacia, ti avvolge come un amante. Non ha importanza se siamo oltre il 15 ottobre. Le temperature sono alte e il caldo si fa sentire. Che importanza ha sapere il mese?
E poi una pausa a pranzo è necessaria. Abbiamo cominciato a raccogliere le olive intorno alle 7,30. Appena arrivati ci siamo messi subito al lavoro. Non potevamo rischiare di non finire e saltare magari il pranzo.
Mentre lavori ascolti la natura. Senti gli uccellini cinguettare poco distanti e, quando arrivano, i bambini in giro per la campagna sono molto più rumorosi. D’altronde qualcosa devono pur fare.
Solo per il semplice fatto che su di un albero lavorano tre o quattro persone ti porta al dialogo. Sei obbligato. Non riesci a star zitto. Trascurando gli argomenti trattati, sai solo che il tempo scorre veloce e le olive si sommano.
Alla fine della due giornate di intenso lavoro non senti più la schiena. Poi, ti metti a contare le cassette e partono le scommesse sul peso. Chi indovinerà il peso finale? Solo il frantoio, però, mette fine alle dispute. L’annata 2017 si è chiusa con settecento chili tondi tondi.
All’alba con il sole che non ne vuole sapere di svegliarsi le olive cominciano il lungo viaggio nei macchinari rumorosi che le trasformeranno in olio. Prima il lavaggio e la separazione delle foglie e di eventuale piccole pietre. Poi alla molitura che li riduce in una pasta omogenea in continuo movimento. Una pasta di colore marroncino chiaro. Un colore che per le mie olive è standard ed in linea con il passato.
Ultimo scoglio da superare è la resa in olio. Anche se le olive di un terreno difficilmente presentano sorprese. Almeno le mie. In passato la forbice era tra l’otto ed il 10 per cento. Ciò significa che con cento chilogrammi di olive nella migliore delle ipotesi vengono fuori 10 kg di olio.
La resa in percentuale è molto legata alla quantità di acqua all’interno delle olive. Infatti mi sono sempre più convinto che in realtà l’olio presente è quasi sempre lo stesso. Invece cambia molto l’acqua contenuta. Poiche le mie piante difficilmente soffrono una crisi idrica anche nelle stagioni più aride, allora la resa è quasi fissa al 10 % circa.
Quando esce l’olio il suo profumo è meraviglioso. Una fragranza unica che mi riempie le narici ma anche l’orgoglio. Al gusto pizzica sempre un pò, ma i sentori delle varie cultivar sono inconfondibili.
Infatti i 14 alberi del mio piccolo appezzamento di terra sono di 10 cultivar diverse: Biancolilla, cerasuola, Nocellara del Belice, Nocellara Etnea e altre che non saprei identificare.
Questo miscuglio di cultivar rendono l’olio gradevole al gusto e con un profumo intenso.
Alla fine ho raccolto 700 kg di olive e portato a casa 65 kg di olio, spendendo 100 euro per il frantoio. Ho passato una gradevole domenica di raccolta in compagnia di amici e parenti e facendo una piacevole scampagnata fuori programma. E cosi appena utilizzerò quest’olio i ricordi andranno a questa meravigliosa giornata.
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