Tenendo presente che parliamo di una pianta, facciamo il punto della situazione sui suoi utilizzi.
In natura si contraddistingue per essere una coltivazione a ciclo annuale, che germina in primavera e fiorisce in estate. Fisicamente, pur con variazioni anche notevoli, si presenta di altezza media di 1,5 – 2 metri ed è caratterizzata da foglie palmate e fusto diritto e peloso mentre la sua impollinazione avviene grazie al trasporto del vento.

La cannabis contiene un’enorme quantità di principi attivi. Tra i quali: i terpeni (oltre 200), gli idrocarburi, i flavonoidi, gli acidi grassi, gli alcoli e altre sostanze ancora, oltre ai circa 120 cannabinoidi che sono stati identificati fino ad oggi.
La distribuzione dei cannabinoidi varia nei differenti ceppi di cannabis ed in genere solo tre o quattro cannabinoidi si trovano in una pianta in concentrazioni superiori allo 0.1%

La canapa è una pianta che ha accompagnato l’umanità per migliaia di annie si ritiene fosse originaria dell’Asia centrale, dove furono ritrovate prove della sua coltivazione già a partire dal 5.000 a.C.. Tuttavia recenti studi mettono in dubbio questa origine, lo studioso Giorgio Samorini, ad esempio, ha testimoniato l’esistenza in Europa di canapa allo stato selvatico ben prima di questa datazione.

I ritrovamenti più antichi sono stati in Italia: nel lago di Albano, in provincia di Roma, con una datazione del 11.500 a.C., e nei fondali costieri dell’Adriatico centrale, con le prime datazioni all’11.000 a.C. .

Lungo il corso dei secoli si è diffusa praticamente ovunque, superando ogni tipo di avversità ambientale. Possiamo trovarla in tutto il bacino mediterraneo e nelle Americhe, nelle regioni più interne dell’Africa e in nord Europa, nel continente australiano e nell’Oriente più estremo.

La differenziazione tra canapa e marijuana ha un’origine del tutto arbitraria che è stata introdotta negli Usa, all’alba del proibizionismo, a partire dagli anni ’30, quando le lobby dell’industria ed i media cominciarono a costruire la criminalizzazione della pianta e quindi le basi del proibizionismo.

La storia del proibizionismo insegna che la canapa è stata vietata perché i prodotti che se ne possono ricavare insidiavano molti settori dell’industria farmaceutica e del mercato nascente dei derivati del petrolio.

Se la canapa non fosse stata discriminata ed invece usata come una risorsa ed essere dipinta come una minaccia per tutelare gli interessi economici di pochi, ad oggi non conosceremmo ad esempio la plastica altamente inquinante, i combustibili fossili ed il nylon, tutti derivati dal petrolio; la deforestazione sarebbe un problema più contenuto, l’edilizia tradizionale non sarebbe tra i principali inquinanti del pianeta e dalla coibentazione ed isolamento degli edifici non dipenderebbe uno dei più grandi problemi attuali di gestione dell’energia.

I suoi utilizzi sono innumerevoli, generalmente riassunti e semplificati in 3 grandi settori: uso medico, uso ludico ed industriale (uso edile, uso tessile, uso carta, uso alimentare, uso cosmetico, uso plastica, uso carburante).

Quando si parla di cannabis medica o terapeutica si intende la cannabis nel suo utilizzo dal punto di vista medico. La cannabis contiene infatti numerosi principi attivi, tra i quali i più importanti sono i cannabinoidi e ad oggi ne sono identificati oltre 100, che hanno diverse proprietà terapeutiche.

Il nostro stesso organismo produce diversi endocannabinoidi, che si legano ai loro recettori, attivandoli. Si stratta del nostro sistema endocannabinoide che è un complesso sistema endogeno di comunicazione tra cellule.

A livello medico la cannabis in Italia può essere prescritta, grazie alla legge Di Bella del 1998, per qualsiasi patologia per la quale siano stati pubblicati studi scientifici su riviste accreditate.

Le patologie per cui viene maggiormente prescritta sono il trattamento del dolore cronico e neuropatico, il trattamento di sclerosi multipla e SLA, effetto stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da Aids.

Studi recenti dimostrano ad esempio la validità della cannabis anche nel trattamento sintomatico del Parkinson, dell’Alzheimer o del morbo di Crohn e ancora trattamento di forme di epilessia resistente ai farmaci convenzionali, soprattutto in ambito pediatrico, ma sono davvero molte le patologie sulle quali la ricerca moderna si sta focalizzando.
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Nel nostro Paese la coltivazione di canapa industriale non è mai stata espressamente vietata e nel 2016 è stata approvata la prima legge (in vigore da gennaio 2017) che regola il settore della canapa industriale italiana. In Italia è dunque del tutto legale coltivare varietà di canapa industriale registrate a livello europeo.
Sono svariati gli utilizzi della pianta di canapa, davvero tanti e si incrociano tra prodotti della tradizione e nuovi studi che solo le moderne tecnologie permettono.

I principali utilizzi sono quelli nel settore alimentare, nella produzione di carta, nella bioedilizia, nella produzione di bioplastiche, biocarburanti, tessuti e nella cosmetica. La filiera della canapa non produce rifiuti realmente inquinanti o difficili da smaltire, e non causa danni ecologici, apportando contemporaneamente un miglioramento all’ambiente in cui viene coltivata.
Grazie ai materiali da costruzione naturali si può sviluppare una nuova edilizia, più in sintonia con l’uomo e attenta all’ambiente.

Il suo uso in edilizia come isolante termico:

Il canapulo è la parte legnosa dello stelo della canapa. Unita ad acqua e calce, crea un materiale naturale che può essere usato in bioedilizia: dal bio-mattone alla miscela per lo riempimento delle pareti, passando per massetti, isolanti per tetto e il pavimento, intonaco grosso e quello di finitura. Come materiale ha cominciato a diffondersi nell’edilizia nei primi anni ’90 e si presta a diverse applicazioni: domestiche, commerciali e industriali. Le proprietà di questo materiale rendono gli ambienti più salubri e naturali e aumentano l’efficienza energetica facendo abbassare le bollette.

Il bio-composito elimina infatti ogni forma di ponte termico isolando completamente la struttura e le costruzioni in canapa e calce hanno dimostrato di essere a tenuta d’aria, evitando così ogni perdita di calore dall’interno.

Inoltre, grazie alla capacità del canapulo di assorbire elevate quantità di vapore acqueo, i muri ed i pavimenti di un edificio a canapa e calce possono “respirare” assorbendo l’umidità e successivamente rilasciandola attraverso l’evaporazione.

Questa caratteristica evita lo sviluppo di umidità ed il relativo deterioramento all’interno del materiale, e favorisce la riduzione del livello di umidità all’interno dell’edificio. Ha inoltre ottime capacità per quanto riguarda l’isolamento acustico, di resistenza agli incendi senza l’aggiunta di sostanze tossiche ritardanti di fiamma e di protezione dalle infestazioni.

Infine va ricordato che si tratta di materiali bio-degradabili, possono cioè alla fine del loro utilizzo, essere riutilizzati semplicemente re-impastandoli per ricreare la giusta miscela.

La produzione di bioplastiche:

A partire dalla canapa è possibile produrre una bioplastica, del tutto naturale, biodegradabile e compostabile che potrebbe competere con il prezzo dei materiali derivati dal petrolio ad oggi utilizzati, ma che avrebbe migliori caratteristiche di resistenza e leggerezza. Esistono già diverse bio-plastiche realizzate con cellulosa e fibre di canapa che possono costituire dal 50 al 100% del materiale.

L’industria automobilistica è uno dei principali utilizzatori di questo prodotto, che permette di realizzare automobili più leggere e prestanti, ma anche il settore degli imballaggi, ad esempio, sta prestando molta attenzione a questo tipo di materiali.

In Cina, attualmente uno dei più grandi produttori di bioplastica di canapa, vengono già prodotti oggetti di uso quotidiano come ad esempio le custodie dei cellulari mentre altri ambiti applicativi spaziano dall’arredamento all’elettronica di consumo, passando per cosmetica e giocattoli, dove la canapa ha il grande vantaggio, rispetto alla plastica, di essere completamente atossica.

La canapa è in grado di integrare o sostituire materiali plastici di nuova generazione come il PLA (acido polilattico), il PHA e il PBS, polimeri derivati da mais, grano o barbabietola e utilizzati per la produzione di plastiche biodegradabili e compostabili.

Un recente rapporto del World Economic Forum (WEF) spiega che attualmente ci sono 150 milioni di tonnellate di plastica negli oceani, andando avanti senza modificare i modelli produttivi attuali nel 2025 per ogni tre tonnellate di pesci vi sarà una tonnellata di plastica. Entro il 2050, invece, la plastica avrà superato in peso la fauna marina.

Il biocarburante del futuro:

Con il termine biomassa, dal punto di vista energetico, intendiamo tutte le sostanze di origine biologica in forma non fossile che possono essere sfruttate come fonti di energia.

Oltre che come bioplastica, la canapa può essere infatti utilizzata come biocarburante, una fonte sostenibile e naturale di combustibile. La famosa Hemp Body Car creata da Henry Ford nel 1941 era infatti un’automobile con la scocca realizzata in bio-plastica di canapa ed alimentata ad etanolo ottenuto sempre da questa pianta.

Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti la canapa è il produttore di combustibile da bio-massa che richiede meno specializzazione sia nella coltivazione, sia nella trasformazione di tutti i prodotti vegetali.

Gli idrocarburi in canapa possono essere trasformati in una vasta gamma di fonti di energia da biomassa, dal pellet ai combustibili liquidi e a gas. Ovviamente lo sviluppo dei bio-carburanti potrebbe ridurre significativamente il nostro consumo di combustibili fossili e l’utilizzo di energia nucleare.

La canapa può fornire due tipi di carburante: bio-diesel, ottenuto a partire dall’olio che si ricava dalla spremitura di semi di canapa ed etanolo o metanolo ottenuto dalla fermentazione dello stelo.

L’idea di utilizzare olio vegetale come combustibile risale al 1895. Il bio-diesel è l’unico carburante alternativo che rispetta i principi di combustione convenzionali, non sono infatti necessarie modifiche agli attuali mezzi di circolazione; può essere utilizzato ed immagazzinato come il petrolio, ma è più sicuro da trasportare in quanto è interamente biodegradabile. È un carburante ampiamente testato con più di 20 anni di utilizzo in Europa. È in grado di prolungare la vita dei motori diesel, perché è più lubrificante e migliora anche il consumo di carburante, la potenza di uscita e la coppia del motore.

La Canapa come tessuto

Il tessuto per abbigliamento, arredamento, corde e tappeti, si ricava dalla fibra lunga della pianta di canapa. L’Italia a livello mondiale deteneva il primato per qualità della canapa, che lavorata e trasformata in fibra, dalla quale si ottenevano ad esempio corde e vele per le navi, ma anche corredi per le spose, biancheria, tende e rivestimenti per materassi e poltrone.

La stessa fibra tessile che in passato era considerata “l’oro verde“: un prodotto dal forte valore aggiunto lavorato in modo artigianale, che garantiva la maggior parte degli introiti di chi lavorava la canapa.

La successiva diminuzione delle coltivazioni ha purtroppo impedito, tra le altre cose, anche il passaggio da una lavorazione artigianale a quella industriale meccanizzando i processi di lavorazione come la macerazione o la pettinatura successiva.

Il risultato è che oggi in Italia, non c’è la possibilità di produrre tessuto di canapa e quello a disposizione viene importato dall’estero, soprattutto Cina ed Europa dell’est.

Se pensiamo che il cotone è una delle colture più inquinanti del pianeta, mentre la canapa non necessita quasi mai di diserbanti o fitofarmaci, avremmo una ragione in più per andare in questa direzione.

Immaginiamo però il valore che potrebbe avere una canapa made in Italy, coltivata con nostre genetiche, che dia vita a capi di vestiario fatti in Italia.
Come tessuto, grazie alla sua fibra cava, la canapa rimane fresca in estate e calda in inverno.

Ha proprietà antibatteriche e antifungine ed è in grado di assorbire l’umidità del corpo tenendolo asciutto; inoltre assorbe i raggi infrarossi e gli UVA fino al 95%. La resistenza agli strappi è tre volte maggiore a quella del cotone e tra le fibre naturali è quella che meglio resiste all’usura.

La canapa per creare carta

L’uso della fibra di canapa per produrre carta risale a più di 2mila anni fa anche se attualmente, solo il 5% della carta mondiale viene fatta da piante annuali come la canapa o il lino.

Ma agli albori della stampa la carta ricavata dalla canapa ebbe un ruolo preminente: le prime copie della Bibbia stampata da Gutenberg furono prodotte con questo tipo di carta così come la bozza della dichiarazione d’indipendenza americana. Ma anche le opere dei grandi pittori, come ad esempio molte di quelle di Van Gogh, furono realizzate su tele di canapa.

Fare la carta con la fibra e il legno della canapa comporta importanti vantaggi: sia per la sua enorme produttività in cellulosa (la canapa secca contiene almeno il 60% di cellulosa invece del 40-50% del legno ed è una pianta annuale, al contrario di alberi che crescono in decenni), sia per la bassa percentuale di lignina.

Inoltre la fibra e il legno della canapa sono già di colore bianco e la carta che se ne ottiene è già stampabile, mentre i composti chimici utilizzati per sbiancare e trattare la carta ottenuta della fibra di legno, sono dannosi.

La possibilità della canapa nasce quindi da un forte motivo ambientale, oggi che tutte le foreste primarie d’Europa, e la maggior parte di quelle americane, sono state distrutte anche per produrre la carta.

Il mondo della canapa nei negozi

Ed infini e per fare anche un po di chiarimento sulle attività commerciali a tema cannabis:
Un growshop è un negozio specializzato in articoli e attrezzature per la coltivazione e il giardinaggio con un occhio di riguardo al mondo della canapa.
Tra questi ci sono gli headshop (vendita di articoli per fumatori, ovvero accendini, posaceneri, cartine, cilum, narghilè, bong e vaporizzatori), gli hempshop (vendita di articoli e prodotti riguardanti la canapa o derivati-realizzati con la stessa (abbigliamento, cosmetica, alimenti, libri, riviste, dvd, ecc), gli smartshop (vendita di sostanze psicoattive legali come integratori o composti di origine naturale e sintetica) e i seedshop (vendita di semi di cannabis).

Spesso un growshop è tutto questo e molto altro: punti di riferimento per gli amanti della canapa, info point e angoli degustazioni di prodotti alimentari. In Italia oggi ce ne sono oltre 300.

Antonio Mercanti e Antonino Martorana


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Di Treman

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