Il termine comosa, invece, di derivazione greca, significa “chioma” ed è riferito alla caratteristica forma dell’infiorescenza. Il termine di lampascione, potrebbe derivare dal latino lampathium con cui, nel periodo classico, erano designate diverse erbe, in particolare alcune specie del genere Rumex.

I bulbi erano utilizzati sin dall’antichità dalle popolazioni dell’area mediterranea e asiatica per le loro proprietà afrodisiache; questa fama fu alimentata, nel corso dei secoli, da personaggi famosi come Plinio il Vecchio, Marco Agavio Apicio (lo chef più gettonato dell’antica Roma) e il gastronomo rinascimentale Baldassare Pisanelli.

Nella tradizione greco-ortodossa i lampascioni rappresentavano uno dei principali alimenti durante le ristrettezze imposte dai lunghi periodi di Quaresima pasquale. Ancora oggi gli abitanti di alcune zone rurali della Grecia e i monaci del Monte Athos raccolgono i bulbi da febbraio a marzo, nel periodo che precede la ricorrenza di questa festività: è usanza consumarli conditi con olio extra vergine di oliva, accompagnati da pane integrale e da una misticanza di erbe selvatiche crude.

Il succo ricavato dal bulbo di questa pianta, ricco di mucillagini, era impiegato per sigillare le crepe dei recipienti di terra cotta.

Giuseppe De Palma

Foto dal web






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Di Treman

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