Mi mancavano proprio quelle belle chiacchierate con i ragazzi delle scuole. Ci eravamo fermati l’8 marzo 2020. Avevo in programma per l’11 marzo una visita agli alunni delle elementari di Campofilone per parlare della Grande Guerra, ma tutto si fermò per il Covid. Solo lo scorso 25 novembre, venerdì, su invito di Agnese Massaccesi, ho potuto riassaporare la gioia di un nonno (mancato) che racconta le favole ai nipotini. La scuola era il liceo linguistico di Osimo. La classe ha in programma di piantare degli alberi e la mia conversazione avrebbe dovuto suggerire loro gli alberi adatti. Così ho parlato di quegli alberi che, in passato, hanno aiutato i contadini nella loro vita dura e stentata. Fra questi, non poteva mancare l’acero campestre, la presenza più familiare ai nostri occhi di bambini di una volta, forse più delle stesse querce.
La Foto 1 faceva vedere ai ragazzi come era il paesaggio marchigiano di una volta e qualcuno, confrontando mentalmente questo paesaggio con le colline che egli vede tutti i giorni, ha commentato: “oggi sono tutte spelacchiate”. Tuttavia, in qualche angolo della regione, per esempio a Santa Vittoria in Matenano, un contadino ha voluto conservare un paio di filari di aceri e viti maritati fra loro come una volta (foto 2), dove ogni singolo acero si accoppia a una o due viti (foto 3). Inoltre, qualche acero, rimasto vedovo della vite, è cresciuto fino a diventare monumentale, come quello di Monte Cavallo (foto 4), o di Sambucheto (foto 5)
Ultima nota personale: non ascolterò più i media, quando ci vorranno far credere che gli alunni di oggi sono indisciplinati, svogliati, apatici, ribelli. I miei (per un’ora sola, purtroppo) ragazzi sono stati attenti e silenziosi, tutti intenti a prendere appunti, ma anche pronti a porre domande intelligenti e pertinenti; e sono sicuro che questa è la realtà di ogni scuola. Grazie ragazze e ragazzi! Avete regalato un’ora di gioia a uno che vi può essere bisnonno.
Valido Capodarca





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