In Sicilia esiste una gallina il cui allevamento è riservato solo a chi ha comportamenti di elevata moralità .
Parliamo della Cornuta di Caltanissetta, una gallina tra le più antiche di cui si ha memoria le cui origini si perdono nei millenni. Sono infatti documentate fin dai tempi dei sikani, con il culto del sole e taurini, (Museo Marianopoli) sono state nel tempo esportate anche all’estero e riselezionate (La Fleche).

E’ una gallina campagnola e ha un aspetto molto selvatico e spesso la postura è alta specie se è in allerta. Il gallo e la gallina per la presenza del dimorfismo sessuale sono diversi, il gallo è rosso nero e la gallina è simile alla pernice. Molte hanno la testa di moro, cioè nera. Il peso non supera i 2 kg per la gallina e 2,5 per il gallo. La forma preferita è quella a corna di bue.
L’allevamento di questa specie non può essere separato dalle leggende legate alla sua origine. Come tutti sappiamo, Lucifero fu cacciato dal Paradiso perché voleva farsi simile a Dio.

E il Padreterno mandò l’Arcangelo Michele a combattere lo spirito ribelle: i due iniziarono così, un incredibile duello nei cieli.
Il diavolo vola veloce da una nuvola all’altra, tenta di sfuggire all’Arcangelo che ad un certo punto sta per raggiungerlo e afferrarlo: ma Lucifero, con un balzo portentoso, riesce a scansarlo e a rifugiarsi all’interno dell’Etna.

Lì si raggomitola a mo’ di serpente, ma è talmente lungo che il vulcano non può accoglierlo tutto e così la testa gli rimane fuori del cratere.
A quel punto San Michele, accortosi di ciò, spicca anch’egli un prodigioso salto e raggiunto il vulcano con un colpo della sua spada fiammeggiante tronca di netto un corno del demonio. Vuole la leggenda che questo corno, con una lunghissima parabola, finisca addirittura nei pressi di Mazzara e che si trovi ancora lì, al chiuso di una grotta, dove nessuno può entrare a meno che non voglia andare incontro a morte sicura. Il corno è conservato dai pastori nella stessa grotta. (ma questa è un’altra storia).

Il diavolo allora, fremente di rabbia per aver perduto un corno, lancia un lungo e terribile urlo, tanto da far tremare tutta la terra: e dato che si vede ormai perduto, con un altro prodigioso balzo sbuca fuori dal vulcano, che prende a vomitare fuoco: e con un impeto di vendetta, si scaglia contro San Michele, riesce ad addentare la penna di un’ala dell’Arcangelo e a staccargliela di netto.
Contento e baldanzoso per quella preda, una penna che, secondo la tradizione, è tutta adorna di preziosissime perle il diavolo vola via, ma ad un tratto gli sfugge di bocca per cadere proprio a Caltanissetta.

Come sia finita la battaglia tra l’arcangelo Michele e Satana è cosa nota a tutti.
Ma pare che la penna celestiale reliquia fu conservata come preziosissima testimonianza della mitica lotta dalla popolazione nissena e oggetto di processioni e preghiere di ringraziamento , si organizzarono feste straordinarie e si decise l’erezione di una chiesa a memoria del prodigioso evento, con un grande tabernacolo tutto d’oro ove custodire la penna.

Ma la penna di un essere così potente divenne oggetto della cupidigia umana, lotte fratricide per il possesso, uso improprio della reliquia a fini lussuriosi e di potere portarono gli abitanti di Caltanissetta vicini alla dannazione eterna, proprio a causa dei troppi peccati la penna decise quindi di tornare dal suo proprietario sdegnata .
L’Arcangelo Michele allora affidò ai pastori un compito molto difficile; per riscattare l’onore dei nisseni affidò loro un animale che racchiudeva in se quel corno perduto e quella penna, chiedendogli di conservare l’animale e di cederlo solo a persone affidabili, persone che abbiano dimostrato in vita di essere oneste e corrette. L’ Arcangelo intercede con i custodi per mettere alla prova gli uomini che per la loro cupidigia si guadagnano spesso le fiamme 🔥 dell’inferno.

Grazie a questa tradizione la Cornuta di Caltanissetta si è potuta conservare in purezza e oggi possiamo ammirare questo spettacolo della natura.
Secondo la vecchia tradizione tramandata, questi esemplari Cornuti endemici non devono mai uscire delle campagne del territorio nisseno e dei vicini paesi dell’hinterland nisseno dove si sono creati diversi secoli fa, ma si possono solo affidare gratis alcune coppie, ad alcuni parenti ed amici del luogo ritenuti affidabili, per conservarli ed allevarli per se stessi a scopo amatoriale, è stata da sempre vietata qualsiasi forma di speculazione, come vendere esemplari o uova, altrimenti (secondo la tradizione), porta maledizione e dannazione eterna a chi vende o si prende soldi.

Ne esistono nel territorio dell’hinterland nisseno un buon numero di circa 400 esemplari, ereditati, affidati ed allevati in purezza da alcuni vecchi allevatori.
Per la cronaca chi ha scritto questo articolo ha deciso per sicurezza di non essere pagato, non si sa mai.

Testo di Giovanni Cirasa in Siculomania





Di Treman

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