Gli alberi sono esseri meravigliosi. Non solo ci gratificano con la loro straordinaria bellezza, ma ci forniscono anche benefici fondamentali per la nostra stessa esistenza. I vantaggi che la loro presenza apporta sono noti e più volte ne ho scritto su questa pagina: ci proteggono limitando gli eccessi climatici, rimuovono gli inquinanti, riducono i rumori e forniscono habitat per la biodiversità. Il loro contributo alle nostre città, e non solo, è immenso, specialmente per la nostra salute e benessere.

Se tutto questo è vero, non si capisce come mai non viene assegnata all’arboricoltura (intesa nel senso inglese del termine, che si riferisce agli alberi in ambiente urbano, monumentali, ecc.) quella dignità, anche scientifica, che le spetta.
Forse perché la cura degli alberi cosiddetti “non a fini produttivi” (anche se, come più volte detto e scritto su questa pagina), “producono” tutta una serie di incommensurabili benefici) è un concetto che non è pienamente compreso dalle persone e, purtroppo, pochissimo da politici e amministratori.

Le persone amano gli alberi (o pensano di amarli…quante volte avete sentito dire: “ho un albero davanti a casa che è bellissimo, fa un’ombra eccezionale…certo quando perde le foglie…), ma spesso non riescono a comprendere che la cura e la gestione necessarie per mantenere gli alberi nelle nostre città e non solo devono essere affidate a persone competenti, con lunga esperienza, soprattutto nel caso di esemplari monumentali, in cui un intervento errato può avere effetti esiziali sulla vita dell’albero. Sensibilizzare l’opinione pubblica costituisce uno dei principali ostacoli nella diffusione della “cultura dell’albero”.

Ho amato gli alberi per tutta la vita. Considerando semplicemente tutto il bene che fanno per la salute del nostro pianeta, cosa si può non amare degli alberi? Tuttavia, tante persone li ignorano, sono talvolta infastiditi dalla loro presenza (sporcano, fanno troppa ombra, invadono le strade), arrivano addirittura a odiarli. Potrete pensare che io sia strano ma continuo a guardare gli alberi come amici. Mi piacciono tutti. Certo, so bene che sono una risorsa rinnovabile (per la maggior parte), e abbiamo bisogno e utilizziamo prodotti fatti dagli alberi ogni giorno. Non sono un sognatore che li vede come immortali.

Eppure, mi viene ancora come un morso allo stomaco ogni volta che passa un camion del deposito pieno di giganteschi tronchi. Penso alla foresta da cui provengono. Dopo anni di crescita pacifica, offrendo cibo e riparo a creature grandi e piccole e sostanze nutritive per il suolo mentre pulendo l’aria e restituendo la vita pura che sostiene l’ossigeno a tutti – in pochi secondi, è finita. Anche so bene che le foreste, i boschi e gli alberi in città devono essere adeguatamente gestiti e anche utilizzati. La gestione delle foreste le ha portate per secoli, se non millenni fino a noi. Ma una gestione sostenibile, come i miei colleghi forestali insegnano, migliora il bosco, ne esalta i benefici e, in certi casi, ne prolunga la durata, anche preservandolo da incendi.
In questo senso non giovano certo atteggiamenti “integralisti” che portano spesso a un muro contro muro, assolutamente sbagliato, invece di “ragionare” in modo unitario.

Non dobbiamo scordare che gli alberi sono esseri mortali e, come tutto il resto degli animali e delle piante sul nostro pianeta, hanno un’aspettativa di vita, diversa da specie a specie, che può essere anche molto lunga ma che, in un ambiente ostile e con una gestione errata, può accorciarsi moltissimo. Come gli alberi cominciano a maturare e poi a entrare nella fase di senescenza, un vero arboricoltore, meglio se certificato, può notare rami che iniziano a indebolirsi, può cogliere segnali di stress e può consigliare come intervenire e dare i migliori suggerimenti per prolungare la vita del vostro albero. E se vi raccomanda, a malincuore, che l’albero deve essere abbattuto, lo fa per ridurre il rischio che potreste correre o far correre, qualora dovesse cadere (evento peraltro meno raro di quanto si creda).

Non basta la passione, non basta dire “amo gli alberi” per pretendere di intervenire o dare direttive su come essi devono essere gestiti. E non basta nemmeno una laurea in Scienze Agrarie o Forestali e neanche un dottorato. Non basta essere professori. Ci vuole esperienza, osservazione, autocritica, voglia di imparare dai propri sbagli e confrontarsi senza affrontarsi

(Francesco Ferrini, 2015).

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Di Treman

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